Ucraina: una guerra dimenticata

Putin UcrainaParliamo di un paese, l’Ucraina, (letteralmente: terra di confine), da cui arrivano in Italia centinaia di badanti, che spesso noi ascoltiamo con scarsa attenzione, anche se l’aggressione russa ha causato più di 6000 morti, militari e civili, e un milione di profughi.

Come si è arrivati a questa situazione, dopo l’indipendenza raggiunta nel 1991, quando l’ URSS si dissolse?

Va tenuto presente che le speranze degli ucraini vanno presto deluse: nei mesi successivi alla caduta del comunismo sono state attuata finte privatizzazioni, che in realtà vanno a vantaggio della vecchia nomenklatura, mentre alcuni importanti impianti industriali sono delocalizzati in Russia.

Il sistema di potere ha mantenuto lo stesso stile di comando dell’ideologia comunista.

Per questo l’Ucraina ha conosciuto nel 2004 una rivoluzione arancione, fallita a causa di discordie interne, che hanno permesso alla “vecchia guardia”, rappresentata da Victor Ysanukovich di tornare a dominare la scena politica, a partire dal 2010.

Mentre gli innovatori – 200.000, secondo l’agenzia russa Interfax – per manifestare la loro protesta si raccolgono in piazza Majdan, divenuta il simbolo della rivolta. Obiettivo: le dimissioni del Presidente, che ha accettato un prestito concesso da Putin, mentre nel novembre 2013 si era rifiutato di sottoscrivere un accordo con la Ue.

Fin dall’inizio del gennaio 2014, dimostranti e polizia si scontrano duramente. Fra il 18 ed il 20 febbraio scendono in campo anche reparti dell’esercito, contro i giubbotti neri armati di spranghe e di molotov, a cui la polizia risponde con granate e blindati.

I morti sono centinaia, fra cui una decina di poliziotti. Janukovick sottoscrive con il capo dell’opposizione un accordo per elezioni anticipate, ma pochi giorni dopo si rifugia in Russia.

La Russia muove l’esercito: il primo marzo 2014 “uomini verdi”, militari senza uniforme (russi, ammetterà Putin) entrano in azione contro la Crimea (che nel 1994, con un referendum, aveva riconosciuto la sua appartenenza all’Ucraina) che accetta di trasferire i propri arsenali nucleari a Mosca e concede la disponibilità della base navale di Sebastopoli alla Russia, da cui e il 16 marzo 2016 viene annessa.

Mentre si alzano le proteste, non solo in Europa, il Parlamento della Crimea prepara un referendum per l’annessione alla Russia: la maggioranza indipendentista risulta elevata (97%), ma la sua legittimità è contestata dalla Ue, dagli Usa e da altri 71 membri dell’Onu.

La Russia continua a muoversi su più fronti e provoca in Ucraina centrale manifestazioni a proprio favore, che arriveranno a proclamare la nascita delle Repubbliche popolari indipendenti: vengono autoproclamate la Repubblica Popolare di Donek e di Luganski.

Su quali basi legali?

Questi territori, ricchi di bacini carboniferi, erano stati possedimenti della Russia zarista, ma non tutti i residenti in Ucraina sono favorevoli all’annessione: il 16 marzo 2014, 50.000 russi sono sfilati contro Putin sventolando la bandiera ucraina.

A questo punto scoppia la guerra: a battersi sono le già citate forze separatiste, armate in modo sofisticato da Putin, dall’altra c’è il governo ucraino, retto da Petro Porosenco, eletto presidente dell’Ucraina il 25 maggio 2014, sostenitore di un avvicinamento agli Usa.

La guerra continua fino agli accordi di Minsk del 14 settembre 2014, rinegoziati nel febbraio 2015.

Gli accordi di Minsk

Gli accordi prevedevano:

  • il “cessate il fuoco”
  • il ritiro delle armi pesanti dalla linea di contatto
  • elezioni locali a Donbass
  • lo scambio dei prigionieri
  • il rilascio degli ostaggi e di tutte le persone detenute illegalmente
  • l’amnistia per i partecipanti agli eventi a Donbass.

Alle forze separatiste russe vanno le Repubbliche popolari di Danek e Luganski.

La Ue ha inflitto alla Russia sanzioni, in seguito all’annessione illegale della Crimea ed alla mancata attuazione degli accordi di Minsk. Eccone qualche esempio: restrizioni, fra cui il divieto d’ingresso nei paesi della Ue, e congelamento dei beni, sono state adottate nei confronti di 150 persone e 38 entità le cui azioni “hanno compromesso l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina” e ad uomini d’affari.

L’Ue ha anche imposto sanzioni economiche che limitano l’accesso della Russia ai capitali, alle tecnologie ed agli armamenti europei.

Varati per la prima volta nel luglio 2014, questi provvedimenti sono stati prorogati di sei mesi in sei mesi. Sono inoltre in vigore restrizioni alla cooperazione economica con la Russia e limitazioni ai rapporti con la Crimea.

La Russia a sua volta ha ampliato la gamma dei prodotti che non possono essere importati dalla Ue e dagli stati che hanno sanzionato Mosca.

Il Donbass che resiste ai russi

Dopo la strage avvenuta nel maggio 2015 al mercato di Donbass, non solo i militari , ma anche i civili conducono la loro opposizione contro la Russia: sono stati importanti nel reggere il primo urto della guerra.

Tutti i combattenti hanno un soprannome, per proteggere i parenti, rimasti oltre le linee nemiche. La Russia, che ha come obiettivo le acciaierie della città ed il suo porto sul mare d’Azov, ha isolato la costa ucraina, prendendo il controllo dello stretto di Kerch.

La guerra sta anche eliminando i segni esteriori dei vecchi legami: molte città del Donbass hanno cambiato nome, per tagliare i ponti con il passato, mentre nelle biblioteche migliaia di libri sono andati al macero, perché scritti in russo. Anche la chiesa ucraina si è separata da patriarcato russo.

In questi ultimi mesi, la situazione non è cambiata: l’Ucraina una delle dieci zone in crisi del mondo (La Stampa, 30 gennaio 2019).

Testi consultati

  • Francesco Cataluccio, “Breve storia dell’Ucraina”, Il Post, 25 marzo 2014
  • Andrea Papino “Cosa decidono le sanzioni contro Mosca e perché sono state decise”, Internazionale, 8 giugno 2018
  • Roberto Travan “Nel Donbass che resiste ai russi, fra partigiani e bandiere europee” La Stampa, 14 gennaio 2019
  • Marco Bresolin “Il mondo del 2000 in dieci zone di crisi” , La Stampa, 30 gennaio 2019
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Una risposta to “Ucraina: una guerra dimenticata”

  1. Barbara Morandi

    Approfondimento interessante…talvolta i fatti internazionali ci distolgono da ciò che succede “vicino a casa”!!!..bene è rimanere aggiornati..grazie Maria Livia!!

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