Quando un film diventa poesia

Nowhere SpecialIl film di Uberto Pasolini, tratto da una storia vera, mi era piaciuto moltissimo.

Ma ho pensato di proporlo ai miei lettori solo dopo aver letto un’intervista di Valentino Rossi su “La Stampa” del 30 maggio: “Che figata fare il papà” (magari l’espressione non è il massimo). Alcuni scrittori – Diego De Silva e Marco Archetti – hanno commentato, esprimendo le loro impressioni sul rapporto padre/figlio. Ed ho pensato che “Nowhere Special”, visto al cineforum lo scorso inverno, era la storia ideale per salutare i miei lettori prima dell’estate.

La vicenda è ambientata a Belfast, ai nostri giorni. Protagonisti: un giovane padre, John, che di mestiere fa il lavavetri, e suo figlio Michael, di quattro anni. La madre è tornata in Russia, abbandonando il suo compagno poco dopo la nascita del bambino John sa che gli restano pochi mesi di vita, a causa di una malattia che non lascia scampo: la sua unica preoccupazione è individuare, in tempi brevi, una famiglia che sappia amare e crescere Michael. Mentre padre e figlio fanno la conoscenza con le famiglie selezionate dai servizi sociali, noi diventiamo partecipi del loro profondo legame, che si cementa attraverso i quotidiani gesti di tenerezza. Indimenticabile la sequenza in cui il giovane padre, mentre Michael dorme, scrive e mette da parte per lui le lettere da leggere nei momenti di crescita, fino alla maggiore età: un modo per essere sempre accanto al figlio. La regia, sempre limpida, evita ogni facile sentimentalismo. Gli interpreti, James Norton e il piccolo Daniel Lamont, sono bravissimi.

Nowhere Special

Se vedete “Nowhere Special” in programmazione in qualche arena estiva, non perdetelo!

Buone vacanze da M. Livia.

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