“Non guardare per terra ad ogni passo: solo chi guarderà lontano troverà la via.”
Hammarskjöld: “Tracce di cammino”, Feltrinelli, pag.31 (1)
“Hammarskjöld stava per ottenere qualcosa quando l’hanno ucciso. Notate bene, ho detto: l’hanno ucciso.”. Parole pronunciate dall’ex Presidente degli Usa H. Truman ( 1945 – 1953) , durante una manifestazione pubblica a S. Francisco, quando, Il 18 settembre 1961, gli venne comunicato che Hammarskjöld era morto in un “incidente” aereo.
Soprattutto in questi ultimi mesi, durante i quali è apparsa chiara la scarsa incisività della diplomazia internazionale, e la quasi totale assenza dell’ONU, sia in Ucraina che nel conflitto fra Israele e Palestinesi, ho pensato al secondo segretario dell’ONU(2), lo svedese Dag Hammarskjöld ( 29 luglio 1905 – 18 settembre 1961 ). Figlio di Hjalmar, già primo ministro svedese, dopo aver ricoperto importanti incarichi politici ed economici nel suo paese, Hammarskjöld nel 1953 fu eletto segretario generale dell’Onu, con 57 voti su 60, e riconfermato nel 1957. L’obiettivo alla base dei suoi due mandati era di ampio respiro: rigenerare l’umanità attraverso la costruzione di una collaborazione internazionale condotta all’insegna della pace e della giustizia. Quando L’ONU venne costituita, W. Churchill aveva commentato: “Sarà una torre di Babele.” Hammarskjöld smentì questa pessimistica previsione, impegnandosi per dare all’organizzazione che presiedeva una propria autonomia, grazie anche alla presenza di un gruppo di funzionari stabili, e ad una serie di regolamenti che garantivano loro una maggior indipendenza rispetto agli interessi nazionali. L’altro obiettivo fondamentale – a cui lavorò insieme al Ministro degli esteri canadese Lester Pearson – fu quello di riservare all’ONU poteri di intervento attraverso l’istituzione dell’UNEF, i “ caschi blu “, la prima forza di emergenza di un’organizzazione internazionale. L’intervento dell’UNEF nelle zone critiche del mondo si collegò alla tendenza a concentrare nel Segretariato il ruolo di mediazione, finalizzato alle azioni di pace. Va ricordato che, in linea di principio, Hammarskjöld appoggiò il processo di decolonizzazione, sostenendo i diritti delle piccole nazioni che aspiravano all’indipendenza. E questo gli attirò l’ostilità delle potenze occidentali. La sua mediazione interessò sia il sud-est asiatico che il vasto continente africano ((3). Ma, riflettendo sul momento che stiamo vivendo, ho scelto di privilegiare l’azione da lui svolta durante la crisi di Suez del 1957.
- fra il novembre e il dicembre 1956, l’UNEF facilitò l’ordinato passaggio nell’area del canale, quando le truppe inglesi e francesi se ne andarono
- fra il dicembre 1956 e il marzo 1957, i “caschi blu” dell’ONU favorirono la separazione delle truppe israeliane da quelle egiziane, sovrintendendo al ritiro di Israele da tutte le aree occupate, eccetto Gaza e Sharm el Sheikh
- nel marzo 1957, l’UNEF facilitò la partenza delle truppe israeliane da Gaza, rimanendo schierata lungo il confine fino al 1967, con il compito di sorvegliare il rispetto degli accordi. Hammarskjöld cercò anche di collocare le forze delle Nazioni Unite sul fronte israeliano lungo le linee di armistizio del 1949, ma non riuscì a superare l’opposizione di Israele. I “caschi blu“ rimasero schierati lungo i confini, fino al 1967. L’ ONU aveva ottenuto un risultato fondamentale: la prevenzione dell’escalation nei conflitti.
Pochi mesi dopo fu attribuito ad Hammarskjöld il premio Nobel per la pace “postumo” per aver costruito un Segretariato ONU efficiente e indipendente e portato avanti una linea non subordinata nei confronti delle grandi potenze. Per aver organizzato una forza di mantenimento della pace in Medio Oriente dopo la crisi di Suez e per il suo impegno per la pace durante la guerra civile in Congo.” La risolutezza della sua leadership non è mai stata eguagliata. Lascio a chi legge il confronto con l’ONU di oggi.
Nel 2019 il regista danese Mads Brugger girò un film- documentario sulla morte di Hammarskjöld ”Cold Case Hammarskjöld”, presentando varie ipotesi che riconducevano tutte ad un attentato.
(1) Il diario di Hammarskjöld, pubblicato postumo, nel 2006, è stato tradotto da E. Ostgren e curato da G. Dotti; (2) Il primo fu Trygve Halvdan Lie, norvegese;
(3) Il Segretario dell’ONU negoziò personalmente il rilascio dei soldati americani catturati dai cinesi durante la guerra di Corea (1950-1953), diresse la costituzione del gruppo di osservazione delle Nazioni Unite in Libano e dell’Ufficio delle Nazioni Unite in Giordania, determinando il ritiro delle truppe americane e britanniche che erano state inviate nel paese
(4) Le teorie sui depistaggi si sono moltiplicate nel corso degli anni, con riferimento soprattutto alle potenze straniere, che avevano interessi minerari nella ex colonia belga: Gran Bretagna, Russia, Sud Africa, Belgio , Usa. Le tre inchieste ufficiali non approdarono a nessun risultato. L’ultima si è chiusa nel 2017 con un nulla di fatto. Le teorie che smentiscono la tesi dell’incidente sono presentate da Alessandra Loiero in “la voce di New York” 10/09/2021.
Fonti
- IL Post 18/09/1921: “La misteriosa morte di Dag Hammarskjöld, sessant’anni fa”;
- Gariwo: “Dag Hammarskjöld (1905-1961) Segretario generale dell’Onu, Nobel per la pace, al servizio dell’umanità”;
- Enciclopedia Treccani: “Dag Hammarskjöld“;
- Monastero di Bose: ”Dag Hammarskjöld“.