La strage di Meina è il primo eccidio degli ebrei in Italia compiuto dai nazisti. Nessuno ha mai pagato per quei morti.
Dopo l’8 settembre 1943, alcune famiglie di ebrei si rifugiano nel Grande Albergo Meina, sulla sponda piemontese del lago Maggiore, con l’obiettivo di rifugiarsi in Svizzera, ma non fanno in tempo : il 15 settembre le SS arrivano in albergo e rinchiudono gli ospiti ebrei ( 16, fra cui tre bambini ) in un salone del terzo piano.
Il 22 settembre un ufficiale di nome Kruger avvisa i prigionieri che saranno portati in un campo di lavoro a 200 kilometri di distanza.
Notte fra il 22 e il 23 settembre : il viaggio delle famiglie ebree termina appena fuori il paese, dove i tedeschi uccidono a colpi di rivoltella tutti i prigionieri e buttano i corpi nelle acque del lago. Il giorno dopo, visto che le correnti del lago fanno affiorare alcuni cadaveri, le SS trascinano i corpi a riva e li bruciano con il lanciafiamme.
Un rapporto dei carabinieri fornisce queste cifre sulle vittime gettate nel lago : Meina 16, Baveno 14, Arona 4, Stresa 4.
A guerra conclusa, nel 1946, carabinieri e polizia inviano i loro rapporti alla Procura generale militare di Roma, che coordina le istruttorie contro i criminali di guerra. Lì il fascicolo rimane sepolto in un armadio ; solo nel 2006 la Commissione sull’ “Archivio della vergogna “ ha reso consultabili i documenti.
Su questa e su altre pagine” oscurate “ : RAI, Blu Notte ; L’armadio della vergogna, di Carlo Lucarelli ( trasmissione del 2 settembre 2007)
Un italiano che non giurò a Hitler
“Giuro a te, Adolf Hitler, Fuhrer e cancelliere del Reich, fedeltà e coraggio. Prometto solennemente a Te e ai superiori designati da Te l’obbedienza fino alla morte, che Dio mi assista.”
Fra le SS, ci fu anche chi rifiutò di pronunciare questa formula, pur sapendo che con il rifiuto avrebbe segnato il proprio destino.
E’ il caso di Josef Mayr-Nusser, nato a Bolzano nel 1910. Benché italiano a tutti gli effetti, nel settembre 1944 era stato richiamato nelle SS dalle forze d’occupazione, come altri Sud-Tirolesi, e assegnato a Konitz, nella Prussia Orientale. Proprio a Konitz Mayr- Nusser maturò la decisione di non prestare giuramento, ritenendolo “ incompatibile con la fede cristiana “. Accusato di attività volte ad erodere la compattezza delle forze armate, fu incarcerato a Danzica e condannato alla deportazione a Dachau, dove non arrivò mai : il 24 febbraio 1945 venne trovato morto su un carro bestiame, in sosta alla stazione di Erlange.
Il libro di Francesco Comina Non giuro a Hitler ( Feltrinelli) ricostruisce la vita e la testimonianza di Mayr – Nusser. Il figlio, nella prefazione, scrive : “(…) era un semplice impiegato e padre di famiglia, sarebbe potuto rimanere nell’anonimato e salvarsi. Egli, invece, era convinto che fosse suo dovere manifestare apertamente il dissenso. E’ ancora attuale parlare di un uomo che, a rischio della vita, sceglie di denunciare l’illegittimità di un potere basato sulla violenza e su un’ideologia aberrante ?”
Credo che sulla risposta siamo tutti d’accordo.