“L’Italia. Nonostante tutto“. Cosi rispose Indro Montanelli a Ferruccio de Bortoli, che gli aveva chiesto quale paese avrebbe scelto per rinascere. (Conversazione avvenuta al Piccolo Teatro di Milano, il 16 dicembre 1999).
Guardando a quello che succede, in Italia e in tanti paesi del mondo, ho cercato un motivo di speranza e l’ho trovato partendo dal mito di Pandora. Ricordate?
Zeus aveva donato alla dolce Pandora un cofanetto ben chiuso, che la giovane avrebbe dovuto portare dal mondo degli dei a quello degli uomini, con una raccomandazione: “Non aprirlo mai!” Ma, dopo qualche giorno trascorso sulla terra, Pandora, che provava una curiosità irrefrenabile, aprì lo scrigno, da cui uscirono tutti i mali che d’allora in poi, avrebbero colpito gli uomini: guerre, epidemie, malattie, dolore, morte… Nello scrigno era rimasta solo la speranza, ultima dea: quando la bella Pandora lo riaprì, essa si diffuse fra gli uomini.

Proprio alla ricerca di una speranza, ho letto il libro di F. De Bortoli: “Ce la caveremo” (ed. Garzanti).
Il titolo fa riferimento ad un discorso tenuto da Aldo Moro nel 1976:
“Questo paese non si salverà, se la stagione dei diritti e della libertà si rivelerà effimera, se in Italia non rinascerà una nuova stagione dei doveri”. (De Bortoli, pag 102).
De Bortoli mette in luce le ambiguità e le responsabilità delle élites, delle classi dirigenti e dei media, ma ritiene che il nostro Paese saprà risollevarsi, partendo dal rafforzamento delle virtù civiche, una tesi che permea tutto il libro. Il giornalista-scrittore argomenta la sua idea prendendo come esempio il mondo del volontariato, su cui fornisce alcuni dati interessanti: secondo l’ultima indagine ISTAT (2018), le istituzioni no-profit, alla data del 31 dicembre 2016, contavano 812000 dipendenti, la più grande industria del Paese.
Riconosce che il governo Renzi, comunque lo si valuti, ha contribuito a realizzare l’articolo 2 della Costituzione, secondo cui “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’ uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale“.
Nel 2017, è stato emanato il decreto 117 secondo cui gli enti del terzo settore “attuano il principio di sussidiarietà previsto dall’articolo 18 della Costituzione”.
A questo proposito, de Bortoli fa l’esempio relativo alle pesanti conseguenze della crisi del 2008, che comportò, oltre alla perdita delle capacità industriali ( pag 135), una forte diminuzione del reddito delle famiglie e rileva che non ci fu nessuna protesta violenta (possiamo vederlo anche oggi, con le vertenze in atto), grazie anche alla rete del multiforme volontariato.
Tutti noi possiamo constatarlo: è il terzo settore che facilita il passaggio dall’urbs, intesa come entità fisico- architettonica alla civitas, intesa come comunità di donne e uomini che hanno obiettivi e finalità comuni.
Senza responsabilità civica, una comunità diventa una sommatoria di bisogni individuali e collettivi, come una società per azioni, che persegue solo il benessere dei propri azionisti. (pag. 137). La civitas è un capitale grazie al quale potremo costruire una società più giusta e coesa, in cui non, più che rivolgerci a chi rappresenta meglio il nostro disagio, privilegeremo la nostra partecipazione di cittadini .
Magari, grazie all’aiuto di qualche piazza piena di pacifiche “sardine”.
Molto interessante. Anche questo articolo,come tanti altri che lo hanno preceduto,diventa uno stimolo ad approfondire.
Grazie Maria Livia per elargire il tuo “sapere” con garbo e generosità
Barbara Morandi
Grazie, sono contenta che ti sia piaciuto!