L’inferno in Europa esiste, ed è fra i profughi siriani
“Non ci sono bombe, ma ci lasciano ammassati i mezzo ai topi. E’ questa l’Europa di cui ci avevano parlato?” – Ammar Sari, profugo siriano che ha cercato scampo nell’isola greca di Samos.
- Centro di accoglienza di Samos: progettato per 648 persone; 8.000 profughi “vivono” nei boschi circostanti. Fra di loro, 2000 bambini, compresi 400 minori non accompagnati
- Centro di accoglienza di Chios: progettato per 1000 persone; 6.000 profughi “vivono” negli accampamenti circostanti
- Centro di accoglienza di Lesbo: progettato per 2800 persone; 20.000 profughi “vivono” sulle colline circostanti.
Negli accampamenti improvvisati non c’è acqua, né elettricità, né bagni e docce.
I Siriani fuggono da una guerra che dura ormai da dieci anni. A Samos, ascoltiamo le parole di Ammar Sari, profugo di Idlib, da cui è riuscito a fuggire con la sua famiglia due mesi fa, pagando un trafficante.
Ammar racconta che a Idlib i bambini hanno imparato a distinguere il suono dei jet che arrivano per colpire e, appena lo avvertono, “corrono nei bagni, negli armadi, qualcuno non corre nemmeno più perché sa che non c’è scampo.” E dopo i bombardamenti, se escono in strada, tornano a casa pallidi per la paura, perché “tra le macerie di un bombardamento hanno trovato mani, dita, a volte teste, a volte cani con una testa umana in bocca.”
Allora i padri hanno escono a raccogliere i pezzi dei morti, per evitare che i loro figli li vedano.
Dopo essere riuscite a fuggire da questo inferno, come vivono le famiglie siriane nelle isole greche?
Ammar, che a Idlib faceva l’intagliatore, è a Samos con la moglie Joumana, traumatizzata, e con i figli Fatma, Mustafa e Marian, rispettivamente di 13, 10 e 5 anni. Racconta che agli ultimi due non riesce ad insegnare neanche l’alfabeto, perché “quando devi pensare a trovare loro un pasto al giorno non hai tempo di pensare ai numeri o alle lettere dell’alfabeto(…). Sono un buon padre quando non sento più la loro voce dire: papà, ho fame” .
Molti padri, come Ammar, sono sfiniti al punto di desiderare la morte dei propri figli o la morte insieme a loro, per smettere finalmente di soffrire.
Come si è arrivati a questa situazione?
Secondo gli accordi siglati nel 2016 fra Ue e Turchia, i richiedenti asilo che arrivano sulle isole greche non possono lasciare i centri di identificazione per raggiungere Atene, perché prima deve essere valutata la loro idoneità alla protezione internazionale.
Ma per avere una risposta alla richiesta di asilo possono passare anche due anni, un tempo infinito.
La situazione è precipitata negli ultimi mesi, anche a causa degli scontri fra gli abitanti delle isole e le forze antisommossa inviate dal governo, finché il governo di Atene, il primo marzo scorso, ha deciso di sospendere per un mese il diritto di asilo e di respingere tutti i profughi arrivati in Grecia dopo quella data. E l’Ue non ha condannato questa decisione.
Solo le onlus tentano di rendere meno terribile la condizione dei profughi, pur osteggiate dai gruppi di estrema destra del luogo.
Inoltre, l’anno scorso il nuovo governo ha deciso di togliere ai rifugiati l’assistenza sanitaria . Ecco una delle tante conseguenze di questa decisione:
La lettura di queste righe mi ha fatto subito pensare al canto XXXIII dell’” Inferno” di Dante: “Ahi Pisa, vituperio delle genti(…).” Solo che al posto di Pisa c’è l’indifferenza di troppi governi e di troppi cittadini (?) europei.
Fonti:
- “Se questo è un uomo”, di Francesca Mannocchi, L’Espresso del 15-3-2020
- “Così si cambia il mondo”, di Michela Murgia, Il Messaggero di sant’Antonio, marzo 2020