Non solo Gomorra

Ultimo aggiornamento : 10 settembre 2014

Perchè il male trionfi, basta che gli uomini del bene rinuncino all’azione. ” E. Burke

Una regione (l’Emilia –Romagna, ndr) che si protegge spesso dietro ai suoi dichiarati anticorpi, anche nelle parole dei politici, e invece poi non si capisce questi anticorpi chissà dove siano.”  Giovanni Tizian , giornalista della Gazzetta di Modenadal 2006; ora scrive anche su Repubblica.

Non solo Gomorra Lo stesso Tizian scrive sulla Gazzetta di Modena del 13 gennaio 2011 : “Un giorno come tanti, caffè, rassegna stampa la solita corsa per chiudere il pezzo e guadagnarmi la giornata. Ma poi arriva la telefonata: ‘Abbiamo deciso di tutelarti’, il giorno dopo avevo già la scorta assegnata. E’ diventata fissa pochi giorni fa.” . E il procuratore capo di Bologna spiega: “Ha fatto molti articoli e un libro: qualcuno si è risentito”. Il libro – inchiesta è Gotica, pubblicato nel 2011. Il titolo indica un confine lungo il quale si giocano, ancora una volta, i destini dell’Italia. Giovanni Tizian denuncia il rapporto fra aziende del Nord e ‘ndrangheta, nato nei subappalti della Salerno – Reggio Calabria ed esportato oltre la linea gotica : non solo nei rifiuti, negli appalti e subappalti per le opere pubbliche, nelle sale giochi, ma anche nella quotidianità dei bar, della ristorazione e dell’autotrasporto. Il mondo economico, i politici, gli amministratori corrotti si nutrono del potere dei clan, restandone fagocitati.

“Senza regole”, l’inchiesta di Giovanni Tizian

La presentazione nazionale di “Gotica”

Il primo libro sulla storia della ‘ndrangheta in Emilia Romagna è di Enzo Ciconte Mafia, Camorra, e ‘ndrangheta in Emilia Romagna Ed. Panozzo, 1998. Da notare che , a parte il libro di Giancarlo De Cataldo Romanzo Criminale ( Einaudi 2002), da cui Beniamino Placido ha tratto il film omonimo, non esistono studi accurati sulla criminalità organizzata a Roma. Nessuna indagine sul settore terziario, né sull’usura, ad esempio.

Il padre di Giovanni, giovane ed onesto funzionario del Monte dei Paschi di Siena, venne ucciso dalla ‘ndrangheta a Bovalino, nella Locride, il 23 ottobre 1989, quando Giovanni aveva sette anni. Quella sera il suono prolungato del campanello, le voci sconosciute, gli sguardi immobili gli avevano fatto confusamente intuire la verità, che la madre gli avrebbe in parte detto il giorno dopo, aggiungendo : “Papà sarà una stella, la più bella, quella che sceglierai”. La stella prescelta sarebbe diventata il rifugio del bambino, fino alla fuga a Modena, dove a vent’anni Giovanni riavvolge il filo dei ricordi e ripercorre la storia trentennale della contrapposizione fra la sua famiglia e la ‘ndrangheta. La storia viene raccontata nel libro “La nostra guerra non è mai finita (Mondadori, 2013), in cui l’omicidio del padre è il punto di partenza per parlare di ‘ndrangheta, con puntuali riferimenti processuali, e delle sue infiltrazioni nelle regioni del Nord , tramite le opere pubbliche e la ricostruzione post –terremoto nel Modenese. Ho trovato particolarmente efficace il capitolo ” Giochi criminali “: lotterie, scommesse, slot e dovunque la presenza della malavita organizzata.

Le minacce al giornalista Giovanni Tizian

 
Ho letto che le persone che allora erano adulte ricordano ancora dov’erano e cosa facevano quando si diffuse la notizia della morte del presidente Kennedy, ucciso a Dallas il 22 novembre 1963 . Io ricordo bene dov’ero e cosa stavo facendo quando seppi della morte di Giovanni Falcone. Ma ricordo anche le sensazioni che provai quando lessi la cronaca dell’uccisione di Rosario Livatino, 38 anni, magistrato anti mafia del tribunale di Agrigento. La ricostruisco, basandomi sul libro di Nando Dalla Chiesa “Il giudice ragazzino” (Einaudi, 1992). La mattina del 21 settembre 1990 Rosario Livatino sta guidando la sua Ford Fiesta sulla superstrada che da Canicattì, dove abita, conduce ad Agrigento. A quattro chilometri da Agrigento , una Fiat Uno con due uomini a bordo sperona l’auto del giudice, mentre uno dei sicari spara contro di lui. I proiettili arrivano anche da due giovani in sella ad una moto enduro. Il giudice, già ferito, scende aprendo la portiera di destra , scavalca il guardarail e cerca scampo nel vallone sottostante, solo contro i suoi attentatori . Essi lo inseguono, prendono la mira , lo centrano . “L’uomo minuto è ormai disteso senza vita tra gli sterpi, immerso nel suo sangue. Altri due uomini gli arrivano vicino. Lo puntano ancora, lo centrano ancora, con più facilità di prima . Sono i quattro colpi di grazia.(…) Lì, al chilometro 10 della superstrada per Agrigento, si danno convegno per un attimo piccoli pezzi di storia, consumati a Milano come a Palermo, a Bologna come a Roma, a Locri come a Savona: Storie di impunità, di arroganze incoraggiate, di ferocie tollerate, di impudenze sobillate”. (Il giudice ragazzino, pag 9-10). Ricordo come rimasi colpita dall’immagine della totale solitudine di Livatino, che continuava le sue indagini , mentre a Roma si imbastivano pretestuose polemiche sui “giudici ragazzini”. Dal libro di Nando Dalla Chiesa è stato liberamente tratto il film di A. Di Robilant ” Il giudice ragazzino“.

Ricordo del giudice Rosario Livatino

La morte del giudice Rosario Livatino

 

 Vita e  autorevolezza : un’ antitesi?

Fondamentale “La parola contro la camorra”, libro e DVD di due ore, in cui Roberto Saviano fonde in modo quasi perfetto capacità di raccontare e tensione etica: tutte le volte che l’ho proiettato a scuola , ho percepito il silenzio della partecipazione. Aggiungo che, per chi conosce poco le regioni del nostro Sud, risultano una scoperta le pagine in cui lo scrittore, partendo dalle cronache dei giornali locali, documenta l’esistenza di un modo di raccontare e di fare informazione che aderisce completamente al linguaggio e alle logiche delle organizzazioni criminali. Da ricordare anche le osservazioni relative alle tecniche di delegittimazione messe in atto contro chi lavora con le parole – e non solo – contro i suddetti poteri, i quali non possono consentire che si abbia contemporaneamente autorevolezza e vita: “O l’una o l’altra. Se hai la vita non hai l’autorevolezza, se hai l’autorevolezza non hai la vita.” Ma le parole, Saviano lo dice, quando diventano patrimonio di migliaia di persone, non possono più delegittimare: sono uno strumento di cambiamento. “Se ognuno fa qualcosa”, come diceva Don Puglisi, ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993

Giancarlo Siani : contro la camorra su una Mehari

Giancarlo Siani, cronista, venne ucciso dalla camorra a 26 anni, il 23 settembre 1985.  Nei suoi articoli, scritti per  la redazione di Torre Annunziata de ” Il Mattino”  aveva denunciato la connivenza fra politica e camorra , diventando il fulcro dei primi movimenti anticamorristi, proprio quando nell’area vesuviana, colpita dal terremoto del 1980, stavano arrivando i finanziamenti per la ricostruzione. Roberto Saviano, nel libro ” La bellezza e l’inferno” mette a fuoco una caratteristica di Siani, rilevando che il suo era un giornalismo fondato sull’analisi della camorra come fenomenologia di potere e non come fenomeno criminale : ” In tal senso la congettura, l’ipotesi divenivano nei suoi articoli  strumenti per comprendere gli intrecci tra camorra, imprenditoria e politica.”.  Il film Fotapàsc (2009 ) di Marco Risi documenta con scrupolo la vita e le scelte di Siani ; bello  il  filmato ” Giancarlo Siani,  per amore di verità “  :  breve, ma efficace nel tracciare un ritratto del cronista ucciso e dell’ambiente in cui si muoveva .

Giancarlo Siani, per amore di Verità

Citroen Mehari di Giancarlo SianiVa ricordato che il 23 settembre 2013, 28 anni dopo la morte di Siani, ha preso il via il progetto ” In viaggio con la Mehari” : l’auto del giornalista, guidata da personaggi simbolo della lotta contro la camorra, è ripartita da dove  era stata  fermata, la sera del 23 settembre 1985, è arrivata  alla sede de ” Il Mattino”, ed  ha  continuato il viaggio fino a  Roma e Bruxelles, allo scopo di testimoniare la storia delle vittime della criminalità e dei giornalisti uccisi.  
Uomini e quaquaraquà secondo Sciascia

Il giorno della civetta

Quando la  mafia veniva sottovalutata, talvolta considerata alla stregua di un fenomeno folkloristico,  sono stati gli scrittori, Leonardo Sciascia fra i primi,  a diffondere una maggior consapevolezza : a questo proposito bisogna ricordare   Il giorno della civetta, ambientato in un paese dell’entroterra siciliano agli inizi degli anni ’60. ” Io- proseguì don Mariano – ho una certa pratica del mondo, e quella che diciamo l’umanità ( … ) la divido in cinque categorie : gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i ( con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà…(…). Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo (…)”. L’ ” uomo ” a cui si rivolge  Mariano Arena è il capitano dei carabinieri Bellodi,  protagonista di una storia che è prima di tutto un  ” giallo”. Il capitano, indagando su di un misterioso omicidio, a cui ne seguiranno altri due, arriva ad individuare in don Mariano il mandante della prima esecuzione. Il capomafia però gode di importanti amicizie negli ambienti politici romani, che ostacolano il lavoro di indagine ed il processo, ma il capitano Bellodi rimane un personaggio positivo fino all’ultima sequenza. Nel corso di un breve soggiorno a Parma, sua città natale, sceglie di tornare in Sicilia , con l’obiettivo di lottare contro la mafia e la mentalità che la sostiene : ” Mi ci romperò la testa. “.

A ciascuno il suo

Se Bellodi è il personaggio consapevole di sé e delle proprie scelte, il professor Laurana, protagonista di A ciascuno il suo, comincia ad indagare sugli omicidi di due notabili del paese mosso da curiosità mista a vanità, diventando un investigatore acuto e determinato, per mettere alla prova la propria intelligenza. Intelligenza che non gli basterà per far fronte ad una rete di rapporti sempre più vischiosi e diffusi, dietro cui si rivelerà la presenza della mafia.

I  films :  piccole, grandi idee

Da vedere il bel film di Marco Tullio Giordana I cento passi , realizzato nel 2000 e  dedicato al giornalista Giuseppe Impastato, ucciso a Cinisi, in Sicilia, nel 1978 ( la sceneggiatura si deve a Claudio Fava , a cui la mafia assassinò il padre, il giornalista Giuseppe Fava nel 1984) . Cosa Nostra era riuscita a far passare una versione dei fatti che presentava Impastato come una specie di terrorista. Il film, come scrive Saviano, non solo recupera la memoria di Impastato, ma la restituisce a tutti, Stato di diritto e giustizia compresi ;oggi il casolare in cui Peppino Impastato fu pestato prima di essere ucciso è stato dichiarato ” bene culturale “. Fu anche grazie a I cento passi che si riaprì il processo chiuso con la condanna di Tano Badalamenti. Un film che riapre un processo : non c’è altro da aggiungere.

Accanto al film di Giordana,  bisogna  segnalare un’altra pellicola, ”  La voce di Impastato “,  opera prima del giovane regista Ivan Vadori, uscita nel 2013 e realizzata grazie al microfinanziamento dal basso ;  in pochi mesi il film è è stato proiettato cinquanta volte, anche a Parigi, Berlino,  Londra, ed è stato inserito nella programmazione del XXII festival di Chichster International Festival ( nei pressi di Londra ), il 24 agosto 2014.  La voce di Impastato ripercorre la vita di Peppino, che sfidando il boss Badalamenti dai microfoni della sua  ” Radio Aut ” si schierò contro la mafia  e contro suo padre, affiliato a ” Cosa Nostra”. Il regista, che era studente liceale quando conobbe la figura di Impastato, afferma  :”  Aveva 15 anni, Peppino, quando decise di ribellarsi. più o meno la stessa età in cui ho conosciuto la sua storia . I ragazzi hanno bisogno di punti di riferimento, uomini e donne normali che, nella vita, abbiano fatto qualcosa di importante. ”

Palermo Today: Intervista a Ivan Vadori

I cento passi.

Claudio Fava ha recentemente pubblicato un bel libro, Mar del Plata, su un gruppo di ragazzi che seppero dire di no; lo presento brevemente. 1978 . siamo nell’Argentina della dittatura militare di G. R. Videla. Il paese sta organizzando i campionati mondiali di calcio, una vetrina di fronte al mondo, che finge di non conoscere i delitti del governo.     A Buenos Aires, i ragazzi della squadra di rugby ” Mar del Plata” ricordano con un minuto di silenzio il loro compagno Javier detto Mono, ucciso dagli uomini del regime,  perché aderiva all’Unione degli studenti. Ma da un minuto si passa a quattro, sei, dieci. Dieci minuti di silenzio ” una pernacchia sulle facce di gesso che abitavano gli incubi della gente”, poi quei ragazzi riprendono a giocare, lanciati verso la conquista del campionato.  Ma il regime interviene : vengono uccisi il Turco e Mariano, Santiago, Gustavo – 16 anni – e Otilio, Pablo. Al loro posto entrano man mano i ragazzini  del vivaio. La squadra continua la corsa , perché il carismatico Raul ha convinto  l’allenatore Passarella ad andarsene da uomini, solo quando il campionato sarà concluso. Claudio Fava, basandosi su di una storia vera, ha ricreato liberamente i pensieri ed i gesti dei ragazzi che seppero dire di no al regime dei militari. Come disse il loro allenatore :” Vi ammazzano perché non conoscono i vostri pensieri e questo li fa impazzire, ”
  Segnalo un film ” Salvo” che ha avuto un ”  lancio ” difficile : ambientato in una Sicilia da film western, comincia come una storia di mafia, il cui protagonista è a appunto, Salvo, un ragazzo che lavora alle dipendenze di un boss. L’incontro del giovane con una ragazza cieca, che lui dovrebbe uccidere, creerà un doppio miracolo e la speranza di una nuova vita. Premiato a Cannes come il miglior esordiente italiano del 2013, ha avuto problemi di distribuzione, ma adesso viene proiettato anche nelle multisale.

“Il Sud è niente” di Fabio Mollo 

Il Sud è niente - locandina Ambientato a Reggio Calabria, racconta di Grazia, che vive il passaggio dall’adolescenza all’età adulta tormentata dalla misteriosa scomparsa del fratello. In famiglia, la nonna è immersa nei ricordi, mentre il padre, costretto dai boss locali a vendere la casa e la pescheria, oppone un ostinato silenzio alle domande della ragazza. E proprio al silenzio, la cappa che condiziona ogni comportamento, si ribella Grazia… Fabio Mollo, giovane regista calabrese, dirige un lungometraggio che segna anche un debutto collettivo, applaudito sia all’ultimo festival di Toronto che al festival di Roma.

Per concludere con una nota ottimista : se ci si dovesse basare sulla qualità di alcuni dei  film italiani usciti nel 2013, si dovrebbe osservare che una qualche forma di cambiamento positivo, attraverso vie insondabili, si sta preparando..

Bibliografia

  • Leonardo Sciascia Il giorno della civetta, Einaudi 1961
  • Leonardo Sciascia A ciascuno il suo, Einaudi 1966
  • Film  Il giorno della civetta, di Damiano Damiani 1968
  • Film  A ciascuno il suo, di Elio Petri 1967
  • Film  Fotapàsc di , di Marco Risi ( 2009)
  • Giovanni Tizian  Gotica.’Ndrangheta, mafia e camorra oltrepassano la linea, Roun Robin Edizioni, 2011
  • Film  I cento passi, di Marco  Tullio Giordana, 2000
  • Roberto Saviano La parola contro la camorra, – libro e DVD – Einaudi 2010
  • Film  Salvo, di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, 2013
  • Film Il Sud è niente,  di Fabio Mollo, 2013
  • Film La voce di Impastato, di Ivan Vadori,  2013
Se ti è sembrato interessante, condividilo!

2 risposte to “Non solo Gomorra”

  1. Barbara Morandi

    Ciao MariaLivia, sono Barbara Morandi.Innanzitutto complimenti per il sito realizzato, segno inequivocabile di vivacità intellettuale e competenze professionali, qualità che ho avuto modo di conoscere durante il periodo condiviso al Barozzi. Ad informarmi di tale tua iniziativa è stata la collega Montanari Marilena e così non ho perso tempo…ho iniziato a leggere con interesse e continuerò a farlo con piacere. Brava MariaLivia!

    Rispondi

Lascia un commento

  • (non sarà pubblicata)

XHTML: Puoi usare questi tags: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>