Il materiale sulla prima guerra mondiale è sterminato e si amplia via via che vengono aperti gli archivi e si pubblicano i diari personali. Ma, visto che il mio obiettivo è far capire che i sentimenti utili per fare la guerra si possono fabbricare, ho focalizzato l’attenzione sull’ultima fase della propaganda interventista, che riprese, esasperandoli, lo stile e contenuti già presenti a partire dalla tarda estate del 1914. Si può forse discutere l’affermazione di Salvatorelli, secondo cui la propaganda interventista preparò il fascismo, ma si deve riconoscere che una parte delle forze interventiste prepararono il terreno per un nuovo “ stile “ della lotta politica, centrato sull’annientamento dell’avversario.
Domenico Quirico afferma che bisognerebbe buttare via tutti i saggi che escono sull’anniversario della Grande Guerra, perché da essi emana “un soverchiante sapore di rifritto” ( La Stampa 3-08-14) e rileggere la trilogia di Remarque, “per capire quella generazione perduta e i veleni che restarono loro dentro come una nebbia che non si alzò mai, anche quando squillarono le trombe di una falsa pace.”
In Italia abbiamo l’intramontabile libro di Lussu “Un anno sull’altopiano”, su cui non mi soffermo, perché credo faccia parte del bagaglio di quasi tutti gli studenti, o ex-studenti.. Al libro di Lussu aggiungerei però il racconto di De Roberto “La paura”, pubblicato per la prima volta nel 1921 e il fumetto “unastoria” di Gipi.
La Paura, di F De Roberto
Siamo nelle trincee della Valgrebbana, dove il fuoco di un cecchino nemico uccide i soldati che tentano di raggiungere un posto di vedetta sguarnito. L’ultimo è Morana, veterano d’Africa pluridecorato, che, mostrando palesemente i segni del proprio terrore, dice al tenente Alfani : “Signor tenente, io non ci vado”. Persiste nel rifiuto anche quando il tenente gli ricorda la morte certa davanti al plotone d’esecuzione, fino alla drammatica decisione finale, che evidenzia l’orrore della logica di guerra.
Unastoria, di Gipi : il fumetto sul silenzio dei reduci
Dal 1921 ai giorni nostri: “unastoria” di Gipi alterna le vicende di Silvano Landi, uno scrittore lasciato dalla moglie, con quella di suo bisnonno, Mauro, soldato nella prima guerra mondiale. Mauro è l’autore di “lettere dell’ultimo minuto”, scritte alla moglie prima di andare incontro alle pallottole austriache, lettere che affascinano Silvano.
Dalla neutralità al patto di Londra
L’Italia, pur alleata con gli Imperi centrali, aveva validi motivi per prendere le distanze da entrambi e per dichiararsi neutrale – cosa che fece il 3 agosto 1914 – proprio in base alle clausole della Triplice Alleanza.
Il governo italiano aveva firmato la Triplice Alleanza con l’Impero Austro-Ungarico e l’Impero Tedesco nel 1882, rinnovando successivamente il patto.
Nell’ agosto 1914 il Presidente del consiglio poté legittimamente proclamare la neutralità, fondandosi sulle seguenti motivazioni:
- contrariamente a quanto previsto nel Patto, l’Italia non era stata consultata circa l’ultimatum alla Serbia
- la Triplice impegnava i contraenti ad entrare in guerra solo se uno di essi fosse stato attaccato, condizione che non si era verificata nel luglio 1914
- il governo di Vienna ignorò il richiamo dell’Italia all’art.7 della Triplice, che prevedeva compensi a favore dell’Italia nel caso di modifica dello status quo nei Balcani.
Il governo conservatore di Salandra, dopo la proclamazione della neutralità, avviò contatti con entrambi gli schieramenti, decidendo di privilegiare la ricerca di un accordo con l’Intesa, anche in considerazione del fatto che il consolidamento dell’Austria avrebbe bloccato la possibilità dell’influenza italiana sui Balcani e sull’area adriatica.
Le settimane decisive per l’ingresso in guerra dell’Italia sono comprese fra il 26 aprile 1915, data in cui i rappresentanti del governo italiano firmarono il patto di Londra, ed il 24 maggio 1915, quando il governo, ottenuti i pieni poteri, dichiarò guerra all’Austria.
Il patto di Londra impegnava il nostro paese ad entrare in guerra a fianco di Francia , Gran Bretagna e Serbia entro un mese; in caso di vittoria, l’Italia avrebbe ottenuto il Trentino e l’Alto Adige, Trieste e l’Istria, la Dalmazia, esclusa Fiume, e la base di Valona in Albania .
Anche se gli stessi membri dell’Esecutivo conoscevano solo a grandi linee i contenuti del patto, che era segreto, la violenta campagna interventista che si scatenò nel paese fu incoraggiata dal presidente del consiglio e dalla corte, allo scopo di dare un’ investitura popolare alla decisione dell’intervento. Secondo l’articolo 5 dello Statuto Albertino era il Parlamento che doveva ratificare l’iniziativa del Governo, ma in esso prevalevano i partiti e i raggruppamenti politici favorevoli alla neutralità.
L’ingresso in guerra
Durante la primavera del 1915, la successione degli avvenimenti fu rapida e convulsa:
- il 4 maggio il governo di Roma comunicò a quello di Vienna e di Berlino che considerava decaduta la Triplice Alleanza
- il 10 maggio circa 300 deputati e 100 senatori si dichiararono disponibili a seguire la linea politica indicata da Giolitti che, ignaro delle clausole del patto di Londra, riteneva che un voto del Parlamento potesse sciogliere il governo da ogni impegno con l’Intesa
- il 13 maggio Salandra rassegnò le dimissioni , dopo aver constatato che alla Camera poteva contare solo su 130/ 150 voti
- il re le respinse e convocò il Parlamento per il 20 maggio, mentre nelle piazze, soprattutto a Milano e Roma, dilagavano le manifestazioni interventiste, benevolmente tollerate dalle autorità governative.
A questo punto, l’iniziativa spettava ai leader politici, ma per Giolitti ed i parlamentari neutralisti opporsi al patto significava non solo far fronte alle minacce degli interventisti, ma anche sconfessare l’operato e l’autorità del re, metterne in discussione la figura e aprire una crisi istituzionale. Strada che non si sentirono di percorrere.
L’alleanza fra il governo conservatore e gli interventisti aveva raggiunto lo scopo:
- il 20 maggio i deputati, con la sola opposizione dei socialisti, votarono i pieni poteri al governo Salandra in caso di guerra
- il 23 fu presentata la dichiarazione di guerra all’Austria Ungheria, e furono rotte le relazioni con la Germania
- il 24 le truppe italiane passarono il confine con l’Impero Austriaco.
Premesso che l’interventismo democratico non riuscì mai ad imporre le proprie idee sul piano politico e che il modo in cui avvenne l’intervento finì per negare le argomentazioni dei democratici, fornisco in estrema sintesi le loro posizioni,
I primi a chiedere che l’Italia entrasse in guerra a fianco dell’Intesa furono, accanto agli irredentisti democratici ( C. Battisti e F. Filzi ), i seguaci del social riformismo di Bissolati e Salvemini, che vedevano nel conflitto l’ultima fase del Risorgimento. L’intervento a fianco dell’Intesa significava la liberazione delle nazionalità oppresse ( Trento e Trieste, ad esempio) e la scelta democratica contro il blocco austro-tedesco : una guerra da cui sarebbe uscita una nuova Europa, l’Europa delle libere nazionalità e della cooperazione fra i popoli.
Il principio dell’adesione alla guerra, intesa come il coronamento del processo di unificazione territoriale, venne sostenuta anche da Luigi Albertini, direttore del “Corriere della Sera” che proponeva un’ alternativa liberal-nazionale rivolta contro i socialisti rivoluzionari della “settimana rossa”, oltre che contro i radicali e i socialriformisti. Anche nel corso della guerra, i giornalisti del quotidiano milanese fecero il possibile per tener viva la speranza di vittoria, tanto da indurre nel lettore “qualche legittima perplessità sui motivi per cui una sequenza di avanzate vittoriose non debba mai condurre al definitivo sfondamento”.( P. Mieli – F. Sabbatucci : “La grande guerra nelle prime pagine del Corriere” pag 35). Va ricordato che i finanziatori del “Corriere”, i Crespi, vedevano nei Balcani dei mercati particolarmente promettenti.
Cesare Battisti, l’irredentista. RAI storia
“ Uomini contro ” : parabola di un giovane interventista
Il film Uomini contro di F. Rosi, tratto dal già ricordato libro di Lussu Un anno sull’altopiano racconta la parabola dell’interventismo attraverso la figura del protagonista, il sottotenente Sassu. Il giovane sottotenente, durante i mesi della permanenza al fronte, nell’Altopiano dei 7 comuni, è testimone dell’impreparazione dell’Alto Comando, dell’inadeguatezza degli armamenti e della vessazioni subite dai soldati, che si ribellano al generale Malchiodi.
Ricordo che nel 1970, quando il film uscì, il regista, Francesco Rosi, venne denunciato per vilipendio dell’esercito : un motivo in più per vederlo! ( il film è disponibile su Internet).
Francesco Rosi, Uomini contro
L’Interventismo vittorioso
Ha le sue origini nell’antigiolittismo di destra e di sinistra : il disprezzo che manifestava per il neutralismo coincideva con il rifiuto della democrazia , delle istituzioni parlamentari e del sistema giolittiano. Le sue componenti furono i nazionalisti ( che in un primo tempo avevano auspicato l’ingresso in guerra a fianco degli Imperi Centrali), i socialisti rivoluzionari, e le avanguardie intellettuali.
I Nazionalisti si espressero nelle rivista l’Idea Nazionale di Corradini ( il giornale era diventato quotidiano grazie ai finanziamenti degli armatori ):
“ Il Parlamento è Giolitti, Giolitti è il Parlamento, il binomio della nostra vergogna. Questa è la vecchia Italia, la vecchia Italia che ignora la nuova, la vera, la sacra Italia risorgente nella storia e nell’avvenire. L’ignora appunto perché è il Parlamento. Parlamento, cioè la falsificazione della Nazione(…) L’urto è mortale . O il Parlamento abbatterà la Nazione e riprenderà sul santo corpo palpitante di Lei il suo mestiere di lenone per prostituirla ancora allo straniero, o la Nazione rovescerà il Parlamento, spezzerà i banchi dei barattieri, purificherà col ferro e col fuoco le alcove dei ruffiani ; e in faccia al mondo che aspetta proclamerà la volontà della sua vita, la bellezza augusta della sua vita immortale. (…) il Parlamento è putrido,l’Italia nuova lo spezzerà dal suo cammino .” ( Il Parlamento contro l’Italia, 16 maggio 1915 ).
E L’ora presente, rivista degli universitari interventisti, così presentava così i socialisti: “Siete guasti e corrosi dal malor civile, non avete più una speranza, avete perduto tutto ciò che significa conquista, ideale, abnegazione, siete diventati dei bruti tuffati nello sterco, come i dannati nella bolgia infernale” (L’appello ai giovani, gennaio 1915)
Lacerba– L’idea della guerra come farmaco dei mali della nazione è espressa da La Voce di Prezzolini, dal tono ragionatore, e da Lacerba , diretta da Papini, a cui collaborarono anche Soffici, Sironi e Jahier.
La nuova generazione di intellettuali della rivista considerava la guerra come un grandioso ritorno alla natura, l’evento affascinante per eccellenza, capace di eliminare le masse ottuse che soffocavano il genio e l’individuo, secondo la prospettiva di Marinetti. La concezione della guerra “sola igiene del mondo”, come proclamava il Manifesto del Futurismo, privilegiava l’azione rispetto all’inerzia ed al compromesso . Gli avversari politici erano presentati così :
“La vile canizza giolittiana, l’ignobile, losco, vomitativo Giolitti, gli analfabeti dell’ “Avanti”, i preti, i giornalisti venduti, i generali bulowiani, la melma fetente universitaria, professorale, filosofica ; la ciurmaglia cancrenosa, bavosa, laida del senato…con che moneta pagheranno prossimamente, quando l’Italia, raggiunti a dispetto della loro vigliaccheria e infamia, i suoi fini di nazione civile e fatta per l’avvenire, troverà il momento di fare i conti con essi?” ( Sulla Soglia, di Ardengo Soffici, 15 maggio 1915).
Marinetti, visionario di guerra. Rai Grande Guerra
Analogo l’atteggiamento di D’Annunzio riguardo ai neutralisti :
“ Se considerato è come crimine l’incitare alla violenza i cittadini, io mi vanterò di questo crimine, io lo prenderò sopra me solo. Se invece di allarmi io potessi armi gettare ai risoluti, non esiterei ; né mi parrebbe di averne rimordimento. Ogni eccesso della forza è lecito, se vale a impedire che la patria si perda. Voi dovete impedire che un pugno di ruffiani e di frodatori riesca a imbrattare e a perdere l’Italia. (…) Codesto servidorame ( Giolitti e i neutralisti, ndr) di bassa mano teme i colpi, ha paura delle busse,ha spavento del castigo corporale. Io ve li raccomando. Vorrei poter dire : io ve li consegno. ( Arringa al popolo di Roma in tumulto, 13 maggio 1915 )
L’interventismo di Mussolini
Alla propaganda interventista diedero il loro anche i sindacalisti rivoluzionari e un parte dei socialisti di sinistra, che vedevano nella guerra l’anticamera della rivoluzione:
Benito Mussolini , dopo aver lasciato la direzione dell’Avanti , cominciò a lavorare al Popolo d’Italia – sovvenzionato da F. Naldi, liberale di destra, dal governo francese e, a partire dal 1917, dalla Gran Bretagna -. In occasione del pronunciamento dei parlamentari a favore di Giolitti, scrisse : “(…) per la salute dell’ Italia bisognerebbe fucilare, dico fucilare nella schiena qualche dozzina di deputati e mandare all’ergastolo un paio almeno di ex ministri. Non solo, ma io credo, con fede sempre più profonda, che il parlamento d’Italia sia il bubbone pestifero che avvelena il sangue della Nazione. Occorre estirparlo”. ( Abbasso il Parlamento! 11 maggio 1915 )
Come si vede, il metodo della diffamazione e dell’insulto personale, l’incitamento alla violenza e all’insurrezione intimidatrice, il disprezzo del Parlamento è comune a tante componenti dell’interventismo e segnerà un cambiamento di stile nella lotta politica.
La Grande guerra, di Mario Monicelli ( 1959 ) : fra commedia e dramma
Per la prima volta un regista, Mario Monicelli, racconta il conflitto depurandolo della propaganda caratteristica del fascismo e del secondo dopoguerra.
Il film presenta due anti anti- eroi, il romano Oreste Jacovacci e il lombardo Giovanni Busacca che, nella loro continua fuga dal fronte, ci conducono sugli scenari della guerra, sempre in bilico fra tragedia e commedia, toni epici e comici, fino a quando cadono prigionieri degli austriaci e diventano eroi. Bravissimi Alberto Sordi e Vittorio Gassman.
Lo storico De Luna ha ricordato recentemente (La Stampa, 15 marzo 2014 ) che il ministero della Difesa impose al regista di cambiare il finale originario, ritenuto troppo disfattista, con quello in cui i due protagonisti diventano eroi loro malgrado. Anche questa pellicola è disponibile su Internet.
Nell’attesa che esca il nuovo film di Ermanno Olmi sulla Grande Guerra, Torneranno i pirati , consiglio un classico, Orizzonti di gloria ( 1957), in cui Kubrick mette in scena la stupidità e la cattiveria di chi dovrebbe guidare i soldati in guerra. Ambientato nel 1916, sulle trincee del fronte francese, il film è stato proiettato in Francia in edizione integrale solo dopo il 1975, a causa della forte critica antimilitarista che conteneva.
Kubrick, Orizzonti di Gloria
- F. De Roberto, La paura e altri racconti della grande guerra, E/O 2014
- Gipi, unastoria, Cocomino Press
- L.Canfora, 1914, Sellerio
- M. Isnenghi, Il mito della grande guerra, Il Mulino
- Film : M. Monicelli, La grande guerra ( 1959 )
- Film : F. Rosi, Uomini contro (1970 )
- Film : S. Kubrick, Orizzonti di gloria ( 1957 )
Fra le tante trasmissioni di Rai Storia sulla I guerra mondiale, tutte ben fatte, ricordo : - Video Rai: Prima guerra mondiale – Le cause
- Rai Storia : 14 I diari della grande guerra
- Rai EDU e Lucarelli ricostruiscono la prima guerra mondiale
Ti posso mandare una mail di avviso quando pubblicherò l’articolo. Se ti interessa questa opzione, lasciami il tuo indirizzo mail e ti avviserò.
Questo intervento mi trova francamente in accordo. In linea
generale il blog http://www.belpaeselibri.it è postoveramente come
si deve, lo seguo con passione. Ben fatto,
continuate così.
Grazie! Sono graditi anche gli interventi sui contenuti, eventualmente…buona serata da Maria Livia