Guido Rossa

“Il coraggio morale è un bene più grande del coraggio in battaglia e di una grande intelligenza” (Robert F. Kennedy)

Giù  in mezzo agli uomini . Vita e morte di Guido Rossa "-Einaudi 2021Sergio Luzzatto, “Giù  in mezzo agli uomini. Vita e morte di Guido Rossa”,
Einaudi 2021

 

Guido rossa & Le Brigate rosse

Guido Rossa, un uomo

Gli anni di piombo appaiono oggi molto lontani, rispetto allo scenario nazionale ed internazionale che ci circonda. Il mondo del lavoro in fabbrica – del lavoro nel suo complesso – è profondamente cambiato, nel corso degli ultimi trent’anni.

E allora perché leggere la biografia di Guido Rossa, operaio fresatore prima alla Fiat, poi all’Italsider di Cornigliano (Genova), delegato sindacale Fiom, sostenitore del “compromesso storico” di Berlinguer, ucciso dalle Br all’alba del 24 gennaio 1979, mentre si recava al lavoro?

Al di là dell’interesse storico, è stata pr la scoperta del suo coraggio morale ad accompagnarmi nella lettura del documentato libro di Luzzatto. E’ soprattutto questo aspetto della sua personalità che ho deciso di proporre ai miei lettori, alcuni dei quali ricorderanno la frase di Sciascia:

“E quella che diciamo l’umanità, bella parola pina di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezzi uomini, gli ominicchi, i piglainculo e i quaquraquà .”

Ecco, Guido Rossa era un uomo.

Guido RossaUn uomo abituato ad affrontare il rischio fisico: accademico del Cai, aveva scalato alcune delle cime più difficili del Nepal, impresa in cui, scriveva, “si prova uno straordinario piacere a sentirsi in mano la propria esistenza, decidere del proprio destino e diventarne così l’unico padrone.” (Luzzatto, pag 139 )

Ma il suo coraggio non era solo fisico.

25 ottobre 1978: la denuncia

Mercoledì 25 ottobre 1978, Francesco Berardi, ex socialista, ex comunista, ex aderente a Lotta continua, operaio che faceva ormai l’impiegato e girava per lo stabilimento Italsider di Cornigliano a consegnare fogli contabili, viene visto da alcuni operai mentre lascia un opuscolo vicino alla macchina del caffè.

Sulla copertina del ciclostilato, il disegno della stella a cinque punte e l’intestazione “Brigate rosse. Risoluzione della Direzione Strategica. Febbraio 1978”.

Gli operai consegnano l’opuscolo al delegato sindacale Fiom, Guido Rossa appunto, che il giorno stesso va al comando dei carabinieri e firma la testimonianza contro Berardi, che viene accusato di partecipazione ad azione sovversiva e banda armata.

La sera, Rossa firma il verbale di denuncia anche dal magistrato, schierandosi, come disse Trentin(1), in difesa di uno Stato che voleva trasformare, ma che fino a quando esisteva assumeva come il suo Stato. (Luzzatto, pag.201)

Aveva infatti scritto:” La vera posta in gioco, oggi, è la trasformazione dello Stato: o ci muoviamo coerentemente a questo livello o il terrorismo continuerà a trovare spazio”. (cit. pag 157).

Nel giro di pochi giorni, Berardi viene processato per direttissima, giudicato colpevole e condannato a quattro anni e sei mesi di reclusione. Rossa, ascoltato in qualità di testimone, entra ed esce solo dal Palazzo di giustizi: ha firmato la propria condanna a morte(2).

Rossa condannato a morte

Già prima dell’arresto di Berardi, le Brigate rosse avevano spiegato con chiarezza che i loro primi nemici nelle fabbriche erano gli uomini del P,C.I., i berlingueriani che condividevano il progetto del compromesso storico.

Guido Rossa è quindi un simbolo e un obiettivo da colpire.

Dalla ricostruzione di Luzzatto, risulta che ci fu un palleggio di responsabilità fra sindacato e partito a proposito di chi dovesse, o potesse, garantire a Rossa una scorta informale (la Questura non si pose il problema). E per qualche settimana alcuni compagni della Fiom decidono di piazzarsi all’alba sotto la casa di Rossa, per verificare se c’erano pericoli. (cit, pag 167 e sgg.).

Lo stesso delegato Fiom, per un breve periodo, decide di girare armato (durante il servizio militare, era stato paracadutista assaltatore), ma presto preferisce rinunciare alla pistola, nel timore di poterla impiegare nel momento sbagliato, contro la/e persona/e sbagliata/e.

Fuori dallo stabilimento, gli amici del Cai cercano di allontanarlo da Genova, insistono perché chieda un periodo di congedo, ma Rossa riprende i ritmi consueti, pur avendo presente la gravità del pericolo, se è vero che a metà gennaio 1979, ospite a Pisa dell’amico Piero villaggio, dice di ritenersi condannato a morte.

L’attentato delle Br

Attentato GUido RossaRossa viene ucciso alle 6,30 del 24 gennaio 1979, mentre, salito sulla sua 850, si prepara ad andare al lavoro.

E’ raggiunto prima da tre colpi alle gambe, sparati con il silenziatore dalla Beretta di Vincenzo Guagliardo.

Qualche istante dopo, viene colpito al cuore e al fegato da due proiettili esplosi dall’arma non silenziata di Riccardo Dura, il capo della colonna genovese delle Br(3).

Un comunicato anomalo

Le Br rivendicano l’assassinio nella prima mattinata, con una telefonata ai giornali.

Il giorno dopo diffondono un comunicato che contiene una frase anomala:

“Era intenzione del nucleo di limitarsi a invalidare la spia (così venivano definiti i sostenitori del compromesso storico, ndr) come prima ed unica mediazione nei confronti di questi miserabili: ma l’ottusa reazione opposta dalla spia ha reso inutile ogni mediazione e pertanto è stato giustiziato”.(cit, pag.175)

In che cosa poteva consistere “l’ottusa reazione”? Luzzatto ipotizza una parola o un gesto di sfida o di reazione rivolto da Rossa ai brigatisti . E’ un’ipotesi, ma un’ipotesi coerente con le scelte di vita e il carattere di Rossa.

I funerali di Stato Guido Rossa si svolgono a Geova, in Piazza Ferrari, il 27 gennaio 1979, presenti 250.000 persone.

La moglie, la figlia ed il fratello preferiscono seguire la cerimonia in silenzio.

Parla Luciano Lama, segretario generale della CGL Del suo discorso riporto l’estratto più significativo:

“Riconosciamo sinceramente che se il gesto di coraggio civile compiuto dal compagno Rossa non fosse rimasto troppo isolato, se attorno a lui, nel momento più arduo della prova, tutti, a cominciare dagli operai dell’Italsider, fossimo stati un solo grande testimone schierato contro il nemico della democrazia, forse la vita del nostro compagno non sarebbe stata spezzata”. (pagg.190-191)

Parole che rimarranno una spina piantata nel fianco dei compagni della vittima.

La vicenda di Guido Rossa fu determinante nello spingere le Br a prendere atto che la conquista del consenso operaio nelle fabbriche era irrimediabilmente perduta.

Ma segnò una svolta anche più ampia: i brigatisti avevano perso il retroterra costituito da quella “zona grigia” di cui facevano parte tutti coloro che fino a quel momento avevano fatto proprio lo slogan “Né con lo Stato né con le Br”.

Da allora in poi, anche nella classe operaia, non ci si poté esimere da una scelta.

1)Bruno Trentin era stato segretario generale della Fiom dal 1962 al 1977.

2) Nelle loro cronache del processo,” La Stampa “, “Il Corriere della Sera”, “L’Unità” ebbero la cautela di riferire la testimonianza di Guido Rossa senza nominarlo né descriverlo, mentre “Il Lavoro” fornì ai lettori- e alle Br- una precisa descrizione fisica del testimone, insieme alla sua deposizione.

3) Riccardo Duna , che guidava la colonna Br, venne ucciso il 18 marzo 1980 dagli uomini del nucleo antiterrorismo del generale Dalla Chiesa. I superstiti della colonna genovese, una volta catturati, scaricarono tutta la responsabilità dell’omicidio sul loro capo.

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