Eterni secondi

E’ stato l’anno delle Olimpiadi e l’Italia ha ottenuto successi insperati. Anche per questo, dopo aver letto il libro “Eterni Secondi”, ho scelto di raccontare storie di atleti olimpici.

Ma il libro è molto di più: una miniera di storie di vita, non solo di sport, pensato per i ragazzi, ma molto interessante anche per gli adulti, che potranno rivivere alcuni importanti avvenimenti storici.

Da non perdere.

Roma, Olimpiadi 1960: la città dei sette re incorona la sua regina

5 agosto 1960: Roma in festa accoglie i giochi Olimpici della rinascita.

Finale dei 100 metri femminili: Wilma Rundolph, un’atleta di 20 anni originaria del Tennessee, vince la finale dei 100 metri in 11 secondi (record mondiale, che non fu poi omologato a causa del vento ritenuto troppo favorevole), i 200 metri (24 secondi) e porta alla vittoria la staffetta 4×100( 44 secondi e 10 decimi, record mondiale).

Roma trova la sua beniamina in Wilma, soprannominata affettuosamente “la Gazzella Nera”. Wilma Rudolph

Il pubblico però non sa che la ragazza è arrivata alla vittoria attraverso un percorso molto faticoso, che vale la pena raccontare.

Wilma nasce prematura il 23 giugno 1940 a Saint Bethlehem (Tennesse) ultima di 20 fratelli. Ancora molto piccola, viene colpita dalla poliomelite, che causa la paralisi della gamba sinistra. “Non camminerà più” è il responso del medico, ma la madre di Wilma non gli crede e la bambina si affida alla sua ostinazione.

Roma: Wilma con Livio Berruti, campione olimpico dei 200 metri.

Siamo negli Usa della segregazione razziale: a otto anni Wilma cammina con un tutore d’acciaio, ma se vuole avvalersi delle cure appropriate deve andare all’ospedale riservato ai neri, lontano 80 km dal suo paese. La madre, insieme ai fratelli, non si arrende: a turno, un membro della famiglia sale con la bambina sull’unico autobus in cui possono prendere posto (solo sul retro) i neri e percorre 320 km la settimana, fino al Meherry Hospital di Nashville, dove i medici insegnano i messaggi specifici per aiutare Wilma a riprendersi.

Arriva il giorno in cui può abbandonare il tutore d’acciaio. A dodici anni gioca a basket senza aver bisogno delle scarpe speciali, entra a far parte della squadra del suo liceo, dove viene notata da Ed Temple, responsabile sportivo della Nashville University, che le insegna i segreti della corsa della velocità, dello scatto. Fino alla selezioni per le Olimpiadi e agli ori di Roma.


Città del Messico, Olimpiadi 1968: Peter Norman, la medaglia d’argento sconosciuta

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Il 16 ottobre 1968, all’atto della premiazione dei 100 metri, il vincitore, l’afroamericano Tommie Smith, detto The Jet (che ha tagliato il traguardo sotto i 20 secondi, per la prima volta nella storia delle Olimpiadi) e la medaglia di bronzo John Carlos, anche lui afroamericano, si comportano in base a quanto hanno concordato: salgono sul podio scalzi, per ricordare la povertà dei neri americani, brandendo ciascuno un guanto nero, al fine di testimoniare l’azione dei Black Power, l’organizzazione rivoluzionaria che negli Usa si batte per i diritti degli uomini di colore.

Quando Smith e Carlos alzano il pugno al cielo lo stadio ammutolisce, il mondo si ferma.

E passa quasi inosservata la medaglia d’argento, l’australiano Peter Norman, 26 anni(1),  record oceanico imbattuto da 50 anni, che aveva voluto appuntarsi al petto la stessa spilla di Carlos e Smith, quella dell’Olympic Project, il progetto olimpico per i diritti umani, allo scopo di protestare contro il trattamento inflitto agli aborigeni dal governo australiano.

Quando Norman torna in patria, il governo australiano fa di tutto per rendergli la vita difficile, la stampa lo attacca, gli viene aizzata contro la cosiddetta opinione pubblica, ma Peter continua ad allenarsi.

Per tredici volte (13) consegue il tempo necessario per partecipare alle Olimpiadi di Monaco, per tredici volte il comitato olimpico australiano decide: non deve essere convocato.

E così finisce la carriera di Norman, che lascia l’atletica per fare l’insegnante di educazione fisica, cade nell’alcool e nella depressione.

Anno 2000, Olimpiadi di Sydney: il comitato olimpico apre alla possibilità di riabilitare ( sic!) Norman, a condizione che rinneghi il suo gesto di Los Angeles. L’atleta si rifiuta e non partecipa a nessuna manifestazione pubblica.

Anno 2006, 3 ottobre. Peter Norman muore per arresto cardiaco.

La sua bara viene portata a spalla da Tommie Smith e John Carlos, che diranno tra l’altro: “Peter non era obbligato a mettere quella spilla.(…) Peter però era un uomo. Non ha alzato un pugno quel giorno, ma ha teso una mano. Adesso tornate a casa e raccontate ai vostri figli la storia di Peter Norman”.

E’ quello che ho cercato di fare anch’io(2).


Città del Messico: Vera Caslavska, acclamata alle Olimpiadi, perseguitata in patria

La ginnasta cecoslovacca Vera Caslavska, arrivata in extremis alle Olimpiadi(3), vince l’oro nel volteggio e nelle parallele. E’unica atleta ad aver conquistato l’oro in ogni specialità individuale.

Manca ancora la gara più scenografica: il corpo libero. Vera volteggia sulle note della danza popolare messicana “Ballo del sombrero”, è un concentrato di grazia ed armonia, il pubblico è in delirio. Ancora oro.

Ma una giuria inetta, su pressione del membro russo, aumenta il voto di qualificazione alla russa Larisa Petrik, che finisce la gara a pari merito con Vera.

Premiazione: le telecamere inquadrano il volto delle due vincitrici: nel momento dell’alzabandiera, quando risuona l’inno nazionale russo, Vera china la testa, si rifiuta pubblicamente di guardare il simbolo dello stato che ha spezzato il sogno cecoslovacco di un socialismo dal volto umano. Tutto il mondo la vede e capisce il significato del suo gesto.

Il governo fantoccio cecoslovacco non glielo perdonerà.

Tornata in patria, Vera finisce sotto indagine, ma ha una possibilità: “Ritrattare tutto” .

La giovane si rifiuta e viene bandita, da ogni manifestazione e attività sportiva, per mantenere sé e la propria famiglia (che attraverserà momenti tragici) fa la donna delle pulizie.

La sua vita, professionale e personale, è distrutta.

Solo dopo la caduta del muro di Berlino Vaclav Havel, il Presidente – scrittore democraticamente eletto – la nomina presidente del Comitato olimpico ceco e membro del Comitato olimpico internazionale(4). La rivincita di Vera, ma sono passati trent’anni di buio.


Monaco di Baviera, Olimpiadi 1972: Shaul Ladany, l’uomo nato tre volte

Monaco, gara dei 50 km. di marcia. Un israeliano Shaul Ladany, 36 anni, conclude la gara al diciannovesimo posto, però è l’atleta più intervistato del villaggio olimpico. Perché?

Shaul, affermato ingegnere, si è allenato ostinatamente per gareggiare a Monaco, pur essendo sopravvissuto per due volte agli stermini della Germania nazista.

Ha 5 anni quando la sua famiglia abbandona Belgrado, riparando in Ungheria, in seguito all’ “Operazione castigo” indetta da Hitler contro il Regno di Jugoslavia.

In Ungheria si salva grazie al capo del movimento sionista, Rudolf Kastner, che offre rifornimenti alimentari ai tedeschi in cambio di un salvacondotto per gli ebrei.

Ma il treno della salvezza è dirottato dai nazisti verso il campo di concentramento di Bergen-Belsen. Dove, ancora una volta, Shaul e la sua famiglia vengono risparmiati: un gruppo di ebrei americani paga un riscatto per la vita di 2000 internati.

Via dalla Germania, in Svizzera, poi in Palestina: qui Shaul, 12 anni, coltiva la passione per la marcia, nata durante i giorni dell’esilio in Svizzera.

Professionista affermato, partecipa alle Olimpiadi di Città del Messico e riesce ad entrare nella selezione per Monaco. Nella città bavarese, risponde in perfetto tedesco alle domande dei giornalisti, che si affollano intorno a lui per ascoltare e raccontare la sua storia di “miracolato”.

Ma il terrorismo fa irruzione nelle Olimpiadi: quella che propongo ne è diventata l’immagine simbolo:

La notte del 5 settembre 1972, alle 4 del mattino, 8 terroristi palestinesi armati di fucili, membri dell’organizzazione terroristica “Settembre Nero” penetrano nel villaggio olimpico, raggiungono la zona riservata agli atleti israeliani, uccidono 2 atleti che oppongono resistenza e ne prendono in ostaggio 9. Un’ora dopo presentano le loro condizioni: un ostaggio sarà ucciso ogni ora, se entro le 9 non saranno liberati 234 detenuti nelle carceri israeliane e alcuni terroristi tedeschi della Rote Armee Fraktion.

La polizia tenta un blitz, che si conclude con la morte di tutti gli atleti, di 5 terroristi e di un poliziotto.

Per ore Shaul viene dato per disperso, ma ancora una volta si salva, grazie al fatto che alloggia nella palazzina che accoglie gli atleti del tiro con la pistola e la carabina, evitata dai terroristi.

Quando torna a Tel Aviv, viene accolto da 20000 persone e capisce di essere nato per la terza volta. Corre anche adesso, a 85 anni.


(1) Norman, nato nel 1942 a Melbourne da una famiglia modesta, rimane affascinato dalle gare di velocità delle Olimpiadi di Melbourne del 1956. Lavorando dopo la scuola, mette da parte i soldi per prendere in prestito un paio di scarpe da corsa, comincia ad allenarsi e partecipa con successo ai giochi del Commonwealth ed agli Australian games, riuscendo a qualificarsi per le Olimpiadi del Messico, Secondo gli esperti non aveva nessuna possibilità di vincere.

(2) Solo nel 2012 il Parlamento australiano riconobbe il risultato positivo di Norman e il valore del suo gesto simbolico.

E’ il caso di rilevare che l’Australia mette in atto tuttora una politica razzista: solo nel 2017, su pressioni internazionali, è stato chiuso il campo-lager per gli immigrati situato nell’isola di Manus, in Papua-Nuova Guinea, la “Guantanamo del Pacifico”. ( Il Post, 4 novembre 2017)

(3) Vera, che alle Olimpiadi di Tokio aveva vinto l’oro alla trave, al volteggio e l’argento nel concorso a squadre, è fra i firmatari del “Manifesto delle 2000 parole”, il documento che sostiene il socialismo dal volto umano del Presidente del Consiglio Alexander Dubceck.

Il nuovo corso della Cecoslovacchia è brutalmente stroncato , nella notte fra il 20 e il 21 agosto 1968, dai carri armati del patto di Varsavia.

Inizia la caccia ai firmatari del Manifesto . Vera si rifugia in Moravia, dove continua ad allenarsi e il governo fantoccio di Husak, volendo presentare al mondo una Cecoslovacchia “ normalizzata”, autorizza la sua partecipazione alle Olimpiadi.

(4) Havel riabilitò anche il campione olimpico Emil Zatopek, firmatario, come Vera, del “ Manifesto delle 2000 parole”, conferendogli il Leone Bianco, la più alta onorificenza ceca.

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