Propongo il confronto Italia-Usa avvenuto a Sigonella, un thriller politico-diplomatico, non solo perché penso che i più giovani ne sappiano ben poco ( se mi sbaglio, sorry !), ma anche perché può essere un’occasione per riflettere su cosa significa fare storia. Ma arrivate fino in fondo…. buona lettura!
L’antefatto
Il 7 ottobre 1985, l’“Achille Lauro”, nave ammiraglia dell’omonima flotta, stava effettuando una crociera nel Mediterraneo. Si trovava a 10 miglia dalle coste egiziane, con a bordo 400 persone, fra passeggeri e membri dell’equipaggio. La maggior parte dei croceristi aveva scelto di visitare Il Cairo e sarebbe rientrata solo in serata.
Alle 13,25 Majed El Molqi, Al Asken Bassou, Fataier Abdelatig e Marouf Al Assad, quattro militanti del Fronte per la liberazione della Palestina (FLP) si impadronirono della nave e presero in ostaggio equipaggio e passeggeri, dichiarando che li avrebbero uccisi ad uno ad uno, se non fossero stati liberati 52 palestinesi prigionieri in Israele.
Il governo italiano, presieduto dal socialista Bettino Craxi, in un primo momento valutò l’opzione militare, ma ritenne più opportuno percorrere la strada diplomatica, trovando un alleato in Yasser Arafat, il capo dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina ( Olp).
Arafat negò che l’Olp avesse a che fare con il dirottamento e propose a Craxi due mediatori: Abu Abbas e Hami El Hassan, che raggiunsero l’Achille Lauro. Intanto, le autorità egiziane assicurarono un salvacondotto ai terroristi, in cambio della salvezza degli ostaggi.
Fra l’8 e il 9 ottobre, i mediatori raggiunsero l’obiettivo: il commando rinunciò all’azione terroristica. Secondo gli accordi presi fra l’Olp e il governo del Cairo, i quattro membri dell’ Flp, insieme ai mediatori di Arafat, furono fatti salire su di una motovedetta egiziana, con l’assicurazione che avrebbero potuto recarsi in Tunisia, dove allora aveva sede il Fronte per la liberazione della Palestina.
Nel frattempo, l’11 ottobre, dall’“Achille Lauro” giunse la notizia che l’8 ottobre i quattro membri del FLP avevano ucciso e gettato in mare Leon Klinghoffer, un cittadino statunitense disabile di religione ebraica.
A questo punto il presidente Reagan, volendo catturare i responsabili di un atto terroristico e dell’assassinio di un cittadino americano, decise di ignorare quegli accordi che anche l’Italia aveva avallato: il Boeing dell’Egyptair, che stava portando a Tunisi i quattro dirottatori ed i membri dell’Olp, fu intercettato da aerei militari USA all’altezza del canale di Sicilia.
Sigonella, 11 ottobre 1985 : braccio di ferro Italia–Usa I
Alle 23,57 dell’11 ottobre 1985, l’ammiraglio Fulvio Martini, direttore del SISMI, il servizio segreto militare, riceve una telefonata dal presidente del Consiglio.
Craxi lo informa che gli Usa gli hanno chiesto di autorizzare, all’aeroporto militare di Sigonella, l’atterraggio di un Boeing egiziano, dirottato da aerei F24 statunitensi sul Canale di Sicilia.
Martini prima tenta di contattare, senza successo, sia il ministro della Difesa, Spadolini, che i capi di stato maggiore della difesa e dell’aereonautica, poi dà il via libera all’operazione.
Il Boeing atterra a Sigonella alle 00,15 del 12 ottobre e subito viene circondato da soldati italiani, dalla VAM ( Vigilanza aereonautica militare) e dai carabinieri.
Il presidente del Consiglio intende difendere la sovranità nazionale prendendo in consegna il commando e facendo rispettare il patto con i palestinesi, patto grazie al quale Mubarak, il premier egiziano, aveva ottenuto il rilascio dell’Achille Lauro.
Per questo dà disposizione di non far avvicinare i militari USA. Le complicate trattative fra Craxi e Reagan hanno inizio.
Pista di Sigonella : braccio di ferro Italia–USA II
Poco dopo le 00,15 del 12 ottobre, a Sigonella atterrano due 141 Usa, da cui scendono i militari della Delta Force, guidati dal generale Steiner. Armi in pugno, le forze Usa circondano gli italiani disposti intorno all’aereo egiziano, con l’obiettivo di fare prigionieri i quattro palestinesi, insieme a Hami El Assan e Abu Abbas, ritenuto il vero capo del commando.
I militari ed i carabinieri italiani, rispettando le direttive del governo, rimangono fermi sulle loro posizioni. Il comandante generale dei carabinieri, Riccardo Bisognero, schiera anche alcuni blindati.
Comincia un teso confronto fra il generale Steiner, che parla con i suoi superiori USA via satellite, e l’ammiraglio Martini, che si arrangia come può con la rete telefonica della Sip.
Il confronto si risolve alle 5,30, quando gli americani abbandonano il campo.
La polizia italiana arresta i 4 palestinesi dirottatori, mentre Martini, arrivato a Sigonella, comincia le trattative con gli egiziani rimasti a bordo dell’aereo.
Da Sigonella a Ciampino: la sfida continua…
Il governo arriva alla decisione di far trasferire il Boeing egiziano a Ciampino.
Martini chiede e ottiene la scorta di aerei caccia dell’aereonautica, mossa quanto mai opportuna: durante il volo un F14 della VI flotta Usa cerca di interferire, senza successo, con la formazione italiana per dirottare l’aereo egiziano, che atterra regolarmente a Ciampino alle 23 del 12 ottobre.
Contemporaneamente, un velivolo americano chiede ed ottiene l’autorizzazione all’atterraggio, dichiarando uno stato d’emergenza che si rivelerà un pretesto.
L’aereo Usa, una volta atterrato, si mette di traverso rispetto a quello egiziano.
A questo punto Martini, tramite il colonnello militare dell’aeroporto, presenta al pilota due alternative: o entro cinque minuti si toglie di mezzo, o interverrà un bulldozer a buttarlo fuori pista.
Passati tre minuti il pilota se ne va.
Dopo complesse trattative, Craxi riesce ad ottenere che la magistratura italiana prenda in consegna i 4 dirottatori, trasferiti nel carcere di Siracusa.
Il presidente del Consiglio, senza consultare il ministro della Difesa Spadolini, decide di lasciare liberi i due mediatori palestinesi: Abu Abbas e Hami El Assan il 12 ottobre si imbarcano a Fiumicino su di un aereo di linea della Taujug e trovano ospitalità a Belgrado.
Va ricordato che solo il 16 ottobre la CIA consegna al governo italiano i testi completi delle intercettazioni statunitensi, che provano le responsabilità di Abu Abbas nel dirottamento.
Gli strascichi della vicenda coinvolgono il governo, determinando una breve crisi fra il 16 ottobre ed il 6 novembre.
Ma, a crisi conclusa, Craxi rilancia la sfida agli USA -e a Israele- durante un intervento in cui paragona Arafat a Mazzini.
La sorte dei dirottatori e dei mediatori.
Il 19 novembre 1985, la procura di Genova (competente perché da Genova era partita la Achille Lauro) emette un ordine di cattura contro Abbas, accusato di essere stato il mandante dell’azione terroristica.
Il 23 maggio 1987, la Corte d’Assise di Genova lo condanna all’ergastolo in contumacia ( la sentenza sarà confermata in Cassazione. ( La Repubblica.it 4-1-2010)
Abbas passò poi dalla Jugoslavia all’Iraq, dove fu catturato nel 2003 dai militari statunitensi. Morì in carcere l’anno successivo.
I quattro dirottatori furono condannati dal tribunale di Genova a 34 anni e 9 mesi di carcere.
La versione americana
Sulla notte di Sigonella esiste una versione, del segretario di Stato Usa George Schutz, che l’11 ottobre 1985 invia a Maxwell Rabb, ambasciatore a Roma, un telegramma il cui titolo è: “Reagan/Craxi Understanding of the Achille Lauro terrorists”.
Secondo Schutz, dopo l’accerchiamento di Sigonella, Reagan aveva proposto a Craxi di trasmettere un’urgente richiesta di estradizione ( sulla base del trattato Italia USA del 13 ottobre 1983, entrato in vigore il 24 settembre 1984) e Craxi l’aveva ritenuta una buona soluzione, che gli avrebbe consentito di mettere la questione nelle mani degli organi italiani competenti, i tribunali.
Schutz aggiunge che il presidente del Consiglio aveva assicurato che l’Italia nel frattempo avrebbe imprigionato i terroristi in attesa degli sviluppi legali e, “con l’assistenza americana” ( sic! ) avrebbe formulato le accuse contro gli altri due al fine di processarli.
(“Custodiremo i terroristi. La bugia di Craxi a Reagan”, di M. Molinari e P.Mastrolilli, “La Stampa”, 27 settembre 2011).
Concludendo, rimane il fatto che la giurisdizione sui dirottatori e sul loro capo era italiana e che gli Usa, pur richiedendo l’estradizione di Abu Abbas, non portano prove del suo coinvolgimento nel dirottamento fino al 16 ottobre .
Ed era quanto mai opportuno che l’Italia, porta d’accesso fra Europa e Medio Oriente, salvaguardasse margini di trattativa diplomatica con il mondo arabo-palestinese.
Quanto all’accostamento fra Mazzini ed Arafat: in Italia e in Europa non sono certo pochi gli uomini politici che hanno predicato ed attuato la lotta armata. Con l’affermazione degli stati nazionali, sono stati considerati padri della patria. Mazzini è fra questi.
Fonti:
- La Repubblica.it 16 aprile 2003 : “La lunga notte di Sigonella, quando Craxi disse no a Reagan” di GP Cadalanu
- Il Post, 7 ottobre 2015: “ Il dirottamento dell’Achille Lauro, 30 anni fa.”
- La Repubblica.it, 16 aprile 2003 : Il racconto dell’ammiraglio Martini: “ Sigonella 1985 . Così fermammo gli Usa“
- La Repubblica.it, 19 novembre 1985 : “ Condannati i pirati della ‘Lauro’ ”
- La Stampa, 27 settembre 2011: “ Custodiremo i terroristi. La bugia di Craxi a Reagan” di M.Molinari e P. Mastrolilli.
interessante
Mi fa piacere che le sia sembrato interessante, un cordiale saluto! MLivia