Civitella Val di Chiana: 203 vittime e “La memoria divisa”

Civitella Val di ChianaEnzo Forcella, nel suo libro, uscito postumo, Nelle zone grigie della Resistenza, parlava di una “storia sacra” della Resistenza, che escludeva i fatti, i giudizi ed anche le vittime, se in contrasto con la versione dominante.

Le contrapposizioni sulla strage di Civitella in Val di Chiana sembrano confermare la sua tesi.

29 giugno 1944. Tre mesi dopo le Fosse Ardeatine, tre mesi prima di Marzabotto, a Civitella Val di Chiana, S. Pancrazio, Cornia ( Arezzo ), 203 civili vennero uccisi dai nazisti, per vendicare i soldati tedeschi caduti in seguito alle azioni dei partigiani.

95 le vittime a Civitella, 60 a San Pancrazio, 48 a Cornia.

Nel dopoguerra, gli abitanti di Civitella rifiutarono la proposta di una medaglia d’oro al valor militare, ottenendo invece la medesima onorificenza al valor civile.

Perché?

La memoria divisaIl libro La memoria divisa di Giovanni Contini, (Rizzoli, 1997) esperto di “storia orale” cerca di rispondere a questa domanda, rifacendosi alla testimonianza della popolazione, alle conclusioni della commissione d’inchiesta inglese ed ai racconti dei partigiani.

I fatti essenziali: il 18 giugno, un gruppo partigiano della banda “Renzino” irruppe nel Circolo dopolavoro di Civitella, dove i militari tedeschi si stavano riposando e ne uccise tre.

Secondo la ricostruzione dei partigiani, l’intenzione era quella di disarmare i soldati tedeschi, che però all’ordine “mani in alto!” presero le armi, provocando la reazione dei nemici.

Alcuni testimoni affermarono invece che le armi dei soldati erano appoggiate al muro e che i tedeschi sarebbero stati uccisi a sangue freddo.

Secondo il punto di vista della popolazione, i partigiani provocarono la sanguinosa reazione dei nazisti con un attacco gratuito ed inutile. Inoltre, nel momento della rappresaglia, non intervennero in difesa dei civili, anche se erano vicini ai luoghi delle esecuzioni e ne udirono gli spari.

Da allora, la memoria collettiva del paese, in contrasto con la storiografia ufficiale, ha visto la Resistenza essenzialmente come un movimento formato da giovani e giovanissimi che si erano nascosti per sfuggire alle retate repubblichine, cercando di difendere in primo luogo se stessi.

Contini propone un’ interpretazione più articolata: la strage non fu solo la conseguenza della rappresaglia per un’azione partigiana inutile, ma coincise anche con una sanguinosa operazione di “bonifica” (a questo proposito ricorda che il 23 giugno la stessa banda si scontrò a Montaltuzzo con un reparto della Wehrmacht) da tempo progettata, e condotta a termine dalla divisione Herman Goering, costituita da militari giovani e fanatici, che portarono alle estreme atrocità l’azione di rappresaglia tedesca.

Il “muro” fra partigiani e vittime comincia a sgretolarsi 66 anni dopo ?

La memoria riunitaSembra che il muro della “memoria divisa” si stia lentamente sgretolando: nel 2010, alle celebrazioni in ricordo del massacro, ha partecipato, sia pure in veste non ufficiale, Edoardo Succhielli ( il capo partigiano Renzino), che nel piccolo cimitero di Cornia ha stretto le mani ad alcuni sopravvissuti e ha dichiarato : “(…) Quell’irruzione fu uno sbaglio, ma avevamo vent’anni, eravamo sbandati, partigiani con scarsa esperienza.

Il libro La memoria riunita (Effigi 2013) di Santino Gallorini, va nella stessa direzione.

Anche il quotidiano La Nazione, pur con un evidente errore nel titolo, segnala un inizio di cambiamento.

I risarcimenti per gli eccidi nazisti. Il confronto Roma – Berlino

Nel 2008 un verdetto della Corte di Cassazione aveva riconosciuto ai familiari delle vittime della strage di Civitella in Val di Chiana un risarcimento di un milione di euro, ma il governo tedesco si rivolse alla Corte di giustizia dell’Aja.

La Corte ha accolto il ricorso il 3 febbraio 2012, affermando che, in base al diritto internazionale, un tribunale nazionale non può condannare uno Stato sovrano. Di conseguenza, il governo italiano ha dovuto considerare nullo il verdetto della Cassazione.

Nel 2014 però si è pronunciata la Corte Costituzionale italiana, affermando che limitazioni come quelle imposte dalla Corte dell’Aja entrano in conflitto con la nostra Costituzione, in particolare con l’articolo 2, che descrive i diritti inalienabili dell’essere umano, e con l’articolo 24, che garantisce il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri interessi.

Sulla base del pronunciamento della Consulta, quando in un conflitto, com’è accaduto a Civitella e in altre località, si colpiscono i civili, si ledono i diritti umani : da qui discende la responsabilità civile della Germania, perché i soldati combattevano per la loro nazione.

Il contenzioso fra Italia e Germania è destinato a continuare? Non è detto: il nostro governo potrebbe accantonare il problema dei risarcimenti per ottenere forme di riparazione, meno onerose ma più rapide.

Attraverso il filmato si possono ascoltare le parole del Ministro degli Esteri tedesco, intervenuto alla cerimonia di commemorazione della strage di Civitella, nel giugno 2014.

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3 risposte to “Civitella Val di Chiana: 203 vittime e “La memoria divisa””

  1. Primo Goldoni

    senza cadere nelle versioni di Pansa, ertosi da tempo a paldino dell’obiettività storica sulla Resistenza, faccio mie le parole di Edoardo Succhielli ( il capo partigiano Renzino), che nel piccolo cimitero di Cornia, nell’anniversario del 2010, ha stretto le mani ad alcuni sopravvissuti e ha dichiarato : “(…) Quell’irruzione fu uno sbaglio, ma avevamo vent’anni, eravamo sbandati, partigiani con scarsa esperienza.” Infatti fu così in vari casi: un misto di incoscienza giovanile, ribellismo, e voglia di “fargliela pagare ai nazi-fascisti”, al di là delle direttive dei Capi lontani e delle strategie del CNL, viste spesso come inutile “attendismo” se non come pavidità…

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  2. Dieghi Paolo

    L’eccidio di Civitella è un’ulteriore conferma del mancato coordinamento che esisteva nelle azioni fra i gruppi partigiani. Una mancata guida, soprattutto per il fine che era da perseguire, cioè la lotta all’esercito tedesco, ha comportato azioni, dovute a forme di immaturità. Non è stato tenuto conto delle reazioni inumane della controparte.
    Si possono trovare anche oggi situazioni analoghe. Purtroppo sembra che l’uomo non riesca a maturare e controllare il proprio comportamento.

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  3. Antonio Melani

    Pensare che i gruppi di azione partigiani si comportassero come formazioni militari regolari è un errore. Avevano di fronte nemici armati e ben equipaggiati, agivano di sorpresa, colpivano e si rifugiavano in luoghi sicuri.
    Pretendere che si comportassero come formazioni di un esercito regolare è un inganno storico, non POTEVANO farlo.
    Semmai la codardia dei tedeschi e dei delatori fascisti fu immensa, rastrellamenti e stragi di civili, compresi vecchi, donne e bambini. Loro sì che avrebbero dovuto, secondo le convenzioni internazionali, comportarsi da soldati rispettosi delle popolazioni. Ma la follia, l’esaltazione della razza, l’intolleranza alle idee delle libertà inalienabili degli uomini era immensa in quelle ideologie.
    Le stragi e massacri sono una illogica conseguenza di quel folle pensiero e nient’altro. Fascisti e Nazisti INGIUSTIFICABILI davanti al mondo e alla Storia!
    Quel mattino di agosto a Sant’Anna uccisero i nonni, le madri, uccisero i figli e i nipoti. Uccisero i paesani ed uccisero gli sfollati, i tanti saliti, quassù, in cerca di un rifugio dalla guerra. Uccisero Anna, l’ultima nata nel paese di appena 20 giorni, uccisero Evelina, che quel mattino aveva le doglie del parto, uccisero Genny, la giovane madre che, prima di morire, per difendere il suo piccolo Mario, scagliò il suo zoccolo in faccia al nazista che stava per spararle, uccisero il prete Innocenzo, che implorava i soldati nazisti perché risparmiassero la sua gente, uccisero gli otto fratellini Tucci, con la loro mamma. 560 ne uccisero, senza pietà in preda ad una cieca furia omicida. Indifesi, senza responsabilità, senza colpe. E poi il fuoco, a distruggere i corpi, le case, le stalle, gli animali, le masserizie. A Sant’Anna, quel giorno, uccisero l’umanità intera.
    (La memoria dell’eccidio 30 gennaio 2017)
    Antonio Melani

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