Antonino Caponnetto “I miei giorni a Palermo – Storie di mafia e di giustizia raccontate a Saverio Lodato”, Garzanti, 1992
“Io ho un ricordo : quando Falcone, quando Borsellino, o Di Lello, o Guarnotta, dicevano, magari di fronte all’incalzare delle domande dei giornalisti: ‘Il Consigliere ha deciso… Il Consigliere ha detto…’ non aggiungevano mai il nome, Caponnetto. Come se fossero sull’attenti di fronte a un generale per il quale provavano assoluto rispetto proprio perché nutrivano una fiducia illimitata. Chi ha conosciuto il temperamento di quei giudici sa quanto questa istintiva riverenza fosse la prova più lampante della grande – e insostituibile – capacità di direzione che gli riconoscevano”. ( S. Lodato in “ I miei giorni a Palermo “, pag 35)
Il Consigliere è il magistrato Antonino Caponnetto ( 1920- 2002 )
Del pool antimafia di Palermo tutti ricordano Falcone e Borsellino, trascurando il ruolo svolto dal Consigliere, Antonino Caponnetto, di cui ripercorro brevemente l’ultima parte della carriera.
Caponnetto è magistrato procuratore generale a Firenze, ma dopo l’attentato mafioso del 29 luglio 1983, che costa la vita al Consigliere istruttore di Palermo Rocco Chinnici, invia al CSM domanda per prendere il posto della vittima .
Motivando la sua decisione, Caponnetto afferma che era mosso dal “desiderio intenso, quasi doloroso di fare qualcosa che fosse utile alla terra in cui sono nato.”.
E il Consiglio della Magistratura decide in tempi rapidi, a metà settembre, con 28 voti favorevoli, 3 astenuti , 0 contrari.
Caponnetto arriva a Palermo ( dove avrebbe soggiornato presso la Guardia di Finanza ) la notte del 9 dicembre 1983. La mattina successiva entra, con grande emozione, nell’ufficio di Chinnici: comincia la grande avventura, che sarebbe durata quattro anni e quattro mesi.
Il pool antimafia nasce pochi giorni dopo il suo arrivo a Palermo : il magistrato, ricordando bene le équipe che avevano funzionato durante gli anni del terrorismo, ritiene fondamentale istituire lo stesso metodo di lavoro. Il gruppo di collaboratori : Falcone, Borsellino, Di Lello, Guarnotta serve sia a frazionare il rischio, grazie alla circolarità delle informazioni, sia a raggiungere una visione organica del fenomeno mafioso.
Cominciano due anni intensissimi, che consentiranno la costituzione del primo maxi processo contro la mafia, nel 1986.
Il 1984 è contraddistinto dalle grandi retate e dalle confessioni dei pentiti, in particolare di Buscetta e Contorno.
Il 1985 è l’anno dell’ “estate di sangue”: la mafia, avendo capito che i dirigenti della squadra mobile di Palermo sono un sostegno decisivo per l’attività dei magistrati del pool, uccide il 28 luglio Giuseppe Montana, capo della squadra che dava la caccia ai latitanti e il 6 agosto Ninni Cassarà, vice capo della squadra mobile.
Nel novembre 1985, il pool deposita l’ordinanza del rinvio a giudizio (43 volumi e 22 documenti). L’insieme degli atti comprende un milione di pagine.
La prossima volta, mi fermerò proprio su questi due anni cruciali.

Il magistrato Rocco Chinnici, dal 1973 Consigliere Istruttore presso il Tribunale di Palermo, fu ucciso il 29 luglio 1983 dall’esplosione di una Fiat 127 parcheggiata davanti a casa sua, in via Federico Pipitone.
Insieme a lui, morirono due ufficiali della scorta e il portiere dello stabile. Caponnetto lo ricorda “come un giudice ed un uomo eccezionale, che con la sua incessante attività aveva conferito all’ufficio istruzione di Palermo un prestigio di assoluto rilievo, che andava al di là dei confini nazionali”. ( pag 26 )
E i quatto “allievi” di Chinnici: Falcone, Borsellino, Di Lello e Guarnotta sarebbero diventati i compagni di viaggio dello stesso Caponnetto.
Il processo per l’omicidio di Chinnici individuò come mandanti i cugini Nino e Ignazio Salvo e si concluse con 12 condanne all’ergastolo e 4 condanne a 18 anni di reclusione.
Ricordo che Antonino Saetta, il giudice del processo Chinnici, fu ucciso, insieme al figlio Stefano, il 25 ottobre 1988 a Caltanissetta.